Ego è il tema che abbiamo scelto per il primo TEDx dell’empolese-valdelsa, o meglio, la sua assenza. In un’epoca in cui l’uomo ha vinto la sua sfida con la natura - durata millenni - e in cui la civiltà è al massimo splendore delle sue capacità, in cui il giogo della fame, delle malattie, del freddo e del caldo non rappresentano più gli ostacoli da affrontare ogni giorno, l’unica domanda che resta da porsi è: se non è più all’esterno che dobbiamo rivolgerci per l’esplorazione, dove è necessario guardare per soddisfare la nostra voglia di scoprire, la stessa che ci ha guidati fin qui?
Molte cose hanno smesso di affascinarci: il pianeta non nasconde più segreti se non - forse - nei suoi abissi più profondi. Anche l’esplorazione spaziale ci ha stancati, generando un breve momento di eccitazione forse nato più dal desiderio di due superpotenze di apparire grandi che da una reale speranza di trovare qualcosa, e per quanto ci si continui ancora a chiedere se là fuori ci sia qualcuno, questo percorso dell’umanità ricalca un po’ quello degli individui che la compongono. Cresciamo cercando, desiderando, come se le risposte ai perché potessero arrivare nel lavoro, nel viaggio o nel partner dei sogni, salvo poi scoprire che l’avventura alla conquista del mondo esteriore l’avevamo intrapresa solo perché più luccicante, meno difficile di quella verso il nostro mondo interiore. Il mondo e ormai anche l’universo offrono ancora margini sconfinati per alimentare il nostro stupore, ma stiamo iniziando a capire anche come collettivo che ciò che sta fuori non ci soddisferà mai, che ormai abbiamo scoperto talmente tanto senza realmente arrivare a un punto di svolta che forse a quel punto di svolta non ci arriveremo e basta.
Non solo: abbiamo anche capito che ciò che abbiamo scoperto è solo una dimensione del reale: che potrebbero esistere realtà diverse, universi più grandi, paralleli, e addirittura che i risultati stessi di certi esperimenti che compiamo potrebbero non essere incontrovertibili. La fisica quantistica ci ha dimostrato che l’osservatore di un esperimento influisce sul risultato osservato. Stiamo realizzando, insomma, che anche se abbiamo conquistato il controllo del pianeta in questo preciso momento del continuum spazio-tempo, la vastità dell’ignoto e quindi dell’incontrollabile sarà sempre fuori dalla nostra portata. Questa presa di coscienza ci spinge a guardare nell’unico altro luogo che esiste, ovvero a volgere lo sguardo dentro di noi. Era impossibile farlo quando vivevamo sugli alberi, era ingiusto quando dovevamo lottare per la sopravvivenza, ma adesso sta arrivando il momento e la sfida che abbiamo davanti è tanto grande che non riusciamo nemmeno a identificarla.
Il mezzo che ci ha portati a essere padroni della Terra oggi è il nostro ostacolo più grande. Il pensiero, che originariamente era uno strumento per risolvere problemi quali il controllo del fuoco o la salvaguardia della tribù, oggi ci permette sì di governare le reazioni nucleari, ma al tempo stesso ha preso il controllo di noi. Quello che le filosofie di tutto il mondo chiamano “ego” è ciò che ci separa da un percorso di scoperta infinitamente più lungo e complesso di quello che ha portato uno sparuto gruppo di uomini sulla Luna. La società di oggi, per la prima volta, è atomizzata: viviamo in contesti sempre più grandi (dalle città-stato alle regioni, dalle regioni alle nazioni sovrane, dalle nazioni alle organizzazioni sovranazionali come l’UE) in cui l’identità è sempre più frammentata e abbiamo trasferito sull’individuo quello che era il senso di appartenenza generato dal gruppo, dalla famiglia, dal rione, dalla città. I nostri mezzi di comunicazione testimoniano la stessa evoluzione: dai giornali, distribuiti in massa nelle piazze cittadine, alle radio ascoltate in gruppo nei luoghi d’incontro. Dalla TV, momento d’aggregazione familiare, agli smartphone e ai social network, che non solo favoriscono l’isolamento ma lo esaltano, trasformandoci da fruitori di contenuti a produttori, alimentando una versione parziale e virtuale di noi stessi che altro non è che una trasposizione digitale del nostro ego.
Crediamo che proprio questa vetta di individualismo mai sperimentata prima nella storia dell’uomo rappresenti una vetta abbastanza alta da cui poter cadere senza farci troppo male, ma quanto meno svegliandoci. In un contesto che butta benzina sulla voglia di prevalere sugli altri per stili di vita, amicizie, apparenze, proprio il contrasto con ciò che è reale, con la vera essenza dell’esistenza può beneficiare di maggior risalto. Per farlo, però, dobbiamo iniziare una battaglia difficile da combattere perché ci sembrerà di essere in lotta con noi stessi: siamo bravissimi a identificarci con desideri e credenze che, una volta ottenuti o vissuti fino in fondo, si rivelano per quel che sono, ovvero illusioni. Chiedere all’umanità di fermarsi e guardarsi dentro, però, è tanto difficile quanto è difficile convincere ognuno dei suoi componenti a farlo. Le figure più sagge della storia, dai filosofi ai leader religiosi, hanno sostenuto che in questo percorso risiede l’unica possibilità di salvezza dell’umanità. Trascendere l’ego significa poter vivere in pace, smettendo di ricercare ciò che non ci serve. Vuol dire trovare armonia e rinunciare a atteggiamenti che ci portano ad ottenere cose ai danni di altri per i quali non ci preoccupiamo solo perché non vediamo.
Si dice che l’ego sia la causa di tutti i mali dell’uomo: guerre, allontanamenti, delusioni, rabbia, paura, violenza. Noi crediamo che nell’assenza di ego risieda un futuro non fumoso, non utopistico ma estremamente concreto, e che sia in questa assenza che si nasconda il potenziale per una nuova politica, una nuova economia, un nuovo sistema di rapporti e una nuova civiltà. Abbiamo pensato di contribuire a questo viaggio così, nella speranza di generare una scintilla che dia vita ad altre scintille: Senzego.
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